«Non diciamo che oggi è più difficile;
è diverso. Impariamo piuttosto
dai santi che ci hanno preceduto
ed hanno affrontato le difficoltà
proprie della loro epoca».
I genitori si trovano a Roma per lavoro, poi il ritorno a Tolentino della famiglia di modeste condizioni. Il padre è un gran lavoratore, di sani principi, non praticante; la madre dedita alla famiglia, di grande fede e fortezza d’animo nell’affrontare la malattia del figlio.
A quattro anni, infatti, gli viene diagnosticata una grave malattia al Sant’Orsola di Bologna. Si tratta del morbo di Duchenne (distrofia muscolare progressiva). I genitori accettano di condividere la malattia giorno per giorno con il figlio.
Iscritto all’Ac della sua parrocchia, ne assume in pieno gli ideali e lavora intensamente fino a quando, a venticinque anni, la distrofia muscolare lo blocca. Da quel momento è come un “crocifisso vivo”, per i tanti anni di sofferenza vissuti comprendendone il valore. Scopre, così, la sua missione di “uomo per gli altri”, un “amico dei malati, un angelo dei sofferenti”. Si iscrive all’Unitalsi, ed esercita il suo apostolato con scritti, lettere (ne ha lasciate 1700!), incontri, telefonate. Chiuso tra quattro mura, immobilizzato in un letto o in carrozzella, è presente in tutta Italia e anche all’estero, dove giunge la sua parola di incoraggiamento.
È stato dichiarato venerabile il 4 aprile 2014.
© fondazione azione cattolica scuola di santita’ pio xi 2020
info@fondazionesantiac.org
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«Non diciamo che oggi è più difficile;
è diverso. Impariamo piuttosto
dai santi che ci hanno preceduto
ed hanno affrontato le difficoltà
proprie della loro epoca».