Fondazione Azione Cattolica Scuola di Santità
CATHOLIC ACTION SCHOOL OF SANCTITY FOUNDATION
FUNDACIÓN ACCIÓN CATÓLICA ESCUELA DE SANTIDAD
Pio XI
Fondazione Azione Cattolica Scuola di Santità
CATHOLIC ACTION SCHOOL OF SANCTITY FOUNDATION
FUNDACIÓN ACCIÓN CATÓLICA ESCUELA DE SANTIDAD
Pio XI

NOTE BIOGRAFICHE E ITER DELLA CAUSA

Giacomo Nardi

1 gennaio 1918, Napoli - 10 aprile 1987, Napoli

Famiglia e studi
Giacomino nasce a Napoli il 1° gennaio 1918 da Giuseppe Nardi e
Giuseppina Fabiani. I genitori appartengono alla media borghesia napoletana
e sono convintamente religiosi. Le sorelle sono tre. Clelia muore ad appena
un anno; Maria, insegnante elementare, nel 1933 diventa suor Maria
Immacolata nella clausura del Monastero delle Suore della Visitazione in
Napoli; Luisa è insegnante di scuola materna. Il fratello maggiore Gennaro
viene ordinato sacerdote nel 1932. Convivono in casa Nardi due zii, Maria
Fabiani e Luigi Fabiani canonico della cattedrale di Napoli.
Giacomino in questo ambiente familiare si dedica agli studi elementari che
supera con lode e poi compie gli studi classici con buoni voti. Si iscrive poi
alla facoltà di giurisprudenza della Federico II e con la votazione di 105/110
consegue la laurea nel 1940. L’Italia è già entrata in guerra: ma Giacomo si
iscrive anche alla facoltà di scienze politiche. Viene chiamato a prestare
servizio militare nel 1941 ma il 29 luglio del 1942 viene licenziato a seguito
di malattia polmonare che, purtroppo, forse perché curata male in quell’anno
di guerra, lo accompagnerà per tutta la vita. Utilizza le licenze per malattia
per studiare e nel 1942 consegue anche la laurea in Scienze Politiche.
Il quartiere di Mater Dei, dove Giacomo ha sempre vissuto, è abitato da
impiegati e commercianti. Mantiene ancora oggi le medesime caratteristiche
ma mostra un’assai bella stazione della metropolitana con notevoli pregi
decorativi.
Da laico in parrocchia e in diocesi
La Parrocchia, che dà titolo al quartiere, negli anni dell’infanzia e della
giovinezza di Giacomo, è affidata alle cure pastorali di Padre Salvatore La
Rovere, sacerdote di grande fama a Napoli, riconosciuto un formidabile
educatore del mondo giovanile sulla scia del metodo pedagogico di S.
Filippo Neri e di don Bosco. L’oratorio parrocchiale fra le due guerre
mondiali raccoglie centinaia di ragazzi provenienti da molti quartieri di
Napoli. La Rovere è padre spirituale del ragazzo e del giovane Giacomo che
dà un non piccolo contributo per la gestione sana, allegra, educativa e
chiassosa dell’oratorio ( i ragazzi si chiamano “chiassoni”). Ma Nardi è
“aspirante” nell’Associazione di Azione Cattolica “S. Giuseppe” della
parrocchia di Mater Dei che ha sede nella cappella dell’Immacolata alle
Fontanelle, assai vicina alla chiesa parrocchiale.
Intervistato da Maria Creazzo, Mons. Aldo Caserta, storico della Chiesa,
amico fin dall’adolescenza di Giacomo, oggi centenario, fornisce notizie
semplici ma significative su Giacomo. Ne riporto le essenziali: “(da ragazzo)
per gli amici si chiamava Giacomino. Ricordo che era uno studente serio,
impegnato, metodico, ma non ‘sgobbone’. Non aveva molti amici.
L’ambiente familiare era un po’ chiuso. Nel gioco preferiva applicarsi a
lavori di meccanica; usava con piacere il legno compensato; c’era in casa un
piccolo ripostiglio e lì egli si ritirava a lavorare; era il suo luogo di
distensione e divertimento. (Da ragazzo come poi da adulto) voleva essere
impegnato anche nel divertimento, che per lui doveva essere vissuto in
maniera utile e non dispersiva. Quando era studente delle scuole medie
Giacomo fu ostacolato dai familiari nel suo desiderio di frequentare
l’oratorio e l’associazione di AC. I genitori temevano che anche lui, come il
fratello e la sorella, manifestasse una vocazione religiosa e lasciasse la
famiglia […] (anche perché) fra i giovani che attorniavano padre La Rovere
fiorivano con molta facilità vocazioni sacerdotali, missionarie , religiose.
Quando più grande e più autonomo Giacomo cominciò a frequentare con
assiduità l’Associazione San Giuseppe […] emergeva facilmente, era
metodico, ordinato nel suo lavoro..Così fu ben presto nominato consigliere e
poi presidente dell’Associazione. Agli inizi degli anni ‘40 Giacomo iniziò a
impegnarsi anche al centro diocesano di Azione Cattolica; lì conobbe mons.
Vittorio Longo, Assistente della GIAC , ne frequentò i corsi di formazione e
i ritiri. Fu poi nominato Presidente diocesano della GIAC”. Mons. Caserta
racconta pure di alcune iniziative di Giacomo da presidente diocesano: invita
ogni associazione parrocchiale a mantenere i contatti con i giovani in servizio
militare; scrive personalmente ai responsabili diocesani militari e cura la
pubblicazione del giornale “Allegri fanti” che spedisce a tutti i soci
impegnati nelle operazioni belliche. Dalle risposte dei giovani al fronte si
capisce quale importanza per loro assuma il fatto di essere informati e come
questa forma di vicinanza spirituale nutra la loro speranza di tornare presto in
sede. Giacomo sia nell’Associazione parrocchiale che in quella diocesana è
molto amato e stimato. Colpisce sacerdoti e laici per la sua spiritualità e il
suo stile di vita assai generoso, per la sua capacità organizzativa, per la
fantasia apostolica e per la chiara visione dell’impegno apostolico e della
natura e missione dell’Azione Cattolica.
Su questa visione abbiamo indicazione diretta da alcuni suoi scritti.
Una lettera del 19 agosto 1943 diretta al prof. Luigi Gedda, presidente
nazionale della GIAC, al quale comunica che ha dovuto assumere il “dolce
peso” del Centro diocesano di Napoli, delinea in poche righe il delicato
momento storico vissuto dall’associazione a Napoli, dichiara di non poter
promettere “nulla di eccezionale, di positivo,di accrescitivo”, auspica per la
chiusura del 75° della GIAC un sereno lavoro di ricostruzione, saluta Gedda
ed esprime filiale devozione a Mons. Sargolini, allora Assistente
Ecclesiastico Nazionale della GIAC.
Il 18 giugno 1944 si svolge a Napoli, dopo le quattro giornate del settembre
1943, il Congresso diocesano della GIAC ed il ventiseienne presidente Nardi
svolge la relazione, il cui titolo è “Non abbiamo paura della libertà”. Pone a
fondamento dell’azione associativa la vita di pietà: “Senza questa pietra
angolare (Cristo), l’Azione Cattolica è un nome, non un esercito ed esercito
di apostoli. La Gioventù di AC ha dimostrato di comprendere e di vivere
questo fondamentale principio. Noi non avremmo potuto superare le terribili
prove prima del regime totalitario e poi della guerra se a base della nostra
azione non fosse stata la vita di pietà. Se così è e più ancora faremo in
seguito l’avvenire sarà nostro”. Poi si sofferma sugli itinerari formativi per
ragazzi e giovani seguiti nonostante la guerra e indica quelli da riprendere
ora verso la completa normalizzazione. Chiarisce i motivi dell’oppressione
fascista ricordando eventi specifici e ringrazia il Signore “di cuore perché se
da un lato ha permesso che il nostro apostolato fosse intessuto di spine e di
ostacoli, dall’altro ci ha dato la gioia grande di vedere in questi ultimi
decenni uno sviluppo magnifico ed insperabile dell’AC frutto proprio di
quell’oppressione”. Sottolinea che nell’ultimo decennio la Gioventù
napoletana di AC ha dato alla Chiesa 112 fra sacerdoti, missionari e religiosi.
“Il Signore ha scelto. Egli li ha voluti perché dalla partecipazione
all’apostolato gerarchico salissimo all’opera diretta del sacerdozio”. Questa è
“prova tangibile della benedizione del Signore al nostro povero lavoro”. Dà il
quadro preciso dei giovani napoletani di AC caduti in guerra, dispersi,
prigionieri e internati, deportati, deceduti per bombardamenti . Non manca di
ricordare “due colonne della nostra gioventù, educatori e conoscitori dei
giovani, due anime cristalline, due cuori ardenti: oggi sono i nostri angeli
tutelari in cielo”: il sacerdote Bernardo Cirillo ucciso da bombardamento e il
sacerdote Rolando Rossetti,ucciso vigliaccamente e senza alcun motivo dai
Tedeschi. Ai giovani convenuti in grande numero al Congresso il Presidente
Nardi richiama la nuova atmosfera che si respira: “Questo è il primo
congresso della nostra gioventù napoletana che si compie in regime diverso
da quello cui eravamo abituati fin dalla nostra fanciullezza. Voi sentite
intorno a voi qualcosa di nuovo, qualcosa di tremendamente bello: la libertà,
che ci apre nuove vie, ci scopre nuovi orizzonti e ci prepara nuove lotte.
Benissimo! Non abbiamo paura!”. Conclude ritenendo che il programma
possa essere compendiato in una sola espressione: fedeltà completa e filiale
alla Chiesa, al Papa, all’Arcivescovo Card. Ascalesi che accompagna i
giovani per l’intero Congresso, ai nostri sacerdoti ai quali va tutta la nostra
riconoscenza .
Altri tre scritti, conservati presso l’Archivio diocesano, sono indicativi del
pensiero del laico Giacomo Nardi sull’AC. Due lettere con cui risponde (11
luglio e 1° agosto 1944) al Movimento Giovanile Comunista che avanza
proposte di collaborazione con la GIAC. napoletana. Nardi è chiaro nella
risposta: distingue il terreno politico su cui si muove il comunismo dal
campo religioso morale e culturale della Gioventù di AC; sottolinea la
diversità dei fondamenti dottrinali e delle concezioni di vita richiamando
l’Enciclica di Pio XI sul comunismo; ribadisce che i giovani cattolici hanno
combattuto e combattono il nazifascismo e vigilano perché la libertà
conquistata non venga compromessa; conclude così “Battiamo due vie
diverse. Per incontrarci o voi o noi dovremmo cambiare strada: l’unità è una
gran bella cosa, ma perché essa si realizzi è necessario che vi sia quell’idem
sentire nella cui mancanza può esserci solo miscuglio, ibridismo,
assorbimento”. Ma nonostante la chiarezza Nardi rifugge da ogni forma di
offesa, diretta o indiretta, e conferma lo spirito evangelico con cui rende la
risposta. Nella seconda lettera, infatti, afferma: “E allora? Dovremo
combatterci? No. Noi combattiamo l’errore, non gli erranti. Nessuno al
mondo potrà impedirci di additare ai nostri giovani la strada da seguire, gli
errori da evitare: e con questo non faremo della politica partigiana ma opera
di illuminazione per preparare gli uomini della società di domani. Su questa
base di critica serena e seria posso assicurarvi che mai verremo meno ai
nostri doveri di rispetto del pensiero degli altri, così come ci auguriamo
avvenga anche nei nostri riguardi”. E nella prima lettera aveva concluso:
“Anche se separati da voi per contenuti dottrinali, ci sentiamo fratelli vostri
nella carità di Cristo, sperando che voi pure non veniate mai meno ai vostri
sentimenti cattolici”.
Le due lettere, anche con riguardo ai successivi avvenimenti in Azione
Cattolica, meriterebbero di essere esaminate integralmente e con ben altro
commento: Ma il loro richiamo qui serve essenzialmente per dare ulteriore
luce su quale fosse già nel giovane laico Nardi l’amore, e la fedeltà al
Signore, al Vangelo, alla Chiesa e quale chiarezza accompagnasse il suo
impegno nell’apostolato laicale dell’AC
La vocazione sacerdotale
Questo suo amore a Dio, questa piena fedeltà alla Parola, questa convinta e
profonda volontà di servire la Chiesa attraverso un instancabile apostolato
per la formazione cristiana del laicato, sfocia nella scoperta della vocazione
al sacerdozio , della quale Giacomo dà notizia pubblica solo quando a Napoli
ritorna dalle zone di guerra il già vice-presidente Giovanni Vanni a cui è
possibile affidare il compito di presidente della GIAC napoletana: Così con
una circolare del 3 novembre 1944 (la n. 1 dell’anno sociale 1944-45),
Giacomo Nardi saluta i giovani dell’AC di Napoli: Si tratta di una bella
lettera, non lunga ma espressiva di molti spunti di riflessione offerti ai
giovani. Come a tanti altri giovani di AC anche lui è stato toccato dalla
grazia della vocazione sacerdotale: Una nuova via erta lunga. “A me operaio
dell’ultima ora […] sembra, anzi è, impossibile. Ma se il Signore ha posto
nel mio cuore questa grande fiamma, farà certo in modo, purchè io lo voglia,
che non si spenga”. Ha compreso la bellezza di una vita tutta consacrata al
servizio delle anime e a lode di Dio attraverso la vita veramente apostolica di
tanti sacerdoti e attraverso l’AC , “per me dono e vanto, scuola quotidiana di
apostolato […] L’AC o è tutto o è niente”. Non si può farla a tipo di club.
Forti ideali,vita cristiana senza altra aggettivi. “Mille giovani apostoli sono
già di troppo per Napoli , dacchè 12 furono sufficienti per tutto il mondo. E
di chi o di che temete?”. Abbandonarsi fiduciosi alla Provvidenza: i mezzi
verranno come a don Bosco. Farete bene i doveri del vostro stato perché il
Signore generoso moltiplica le forze di chi a lui si dona. Siamo giovani
cattolici organizzati “se fusi nella carità di Cristo”. “La preparazione non si
improvvisa. Essere pronti è per noi un dovere. Grazie per avermi aiutato nel
mio lavoro, per il vostro esempio. Arrivederci; un arrivederci speciale ai
giovani che mi raggiungeranno in seminario. Lavoriamo senza sosta ciascuno
nel proprio campo, perché l’Adveniat Regnum tuum divenga per noi una
realtà. Con questo augurio che il Signore sia sempre con voi, presente nelle
vostre opere, al sommo dei vostri ideali, intendo chiudere la mia vita di
L’ordinazione sacerdotale
Giacomo Nardi è ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di Napoli Card.
Alessio Ascalesi, il 15 giugno 1946 e il giorno successivo celebra la prima
Messa nella parrocchia di Mater Dei. Ordinato sacerdote, Don Giacomo nei
successivi dieci anni esercita il suo ministero prima come Vice e poi come
Assistente Diocesano dell’AC di Napoli Il suo servizio fu prezioso per i
giovani in quegli anni particolarmente difficili per la città partenopea a causa
delle recenti vicende belliche che avevano inciso sia sul piano morale sia su
quello materiale delle famiglie e della comune convivenza. L’opera di don
Giacomo in questo periodo è rimasta viva nel ricordo di molti giovani, capaci
e volenterosi, che con lui condividevano fatiche e ideali. Già in questi anni di
dedizione per la formazione del mondo giovanile, lo stile del prete Giacomo
è evidente. Egli intende seguire l’insegnamento e la testimonianza del suo
formatore spirituale, maestro particolarmente incisivo che la Provvidenza gli
ha dato: Padre La Rovere. Per tutta la sua vita di sacerdote don Giacomo
sentirà profonda l’indicazione puntuale del suo padre spirituale ” Devi essere
povero e devi essere servo “. In uno scritto di Giacomo, ancora seminarista,
si abbozza un ritratto di P. La Rovere indicandolo come benefattore della
gioventù, padre e guida di decine di migliaia di ragazzi e di giovani,
suscitatore di circa30 vocazioni sacerdotali, predicatore popolare ed efficace,
con un’operosità geniale nelle opere di carità, di formazione, di svago; ” in
una parola un santo sacerdote”. P. La Rovere muore qualche mese prima che
don Giacomo venga ordinato e di Lui don Giacomo dà un ritratto più
completo e commovente nella Messa di suffragio ad un anno dalla morte.
Quel ritratto, dettato dalla profonda conoscenza da parte di don Giacomo
dell’operosa vita del suo padre spirituale, è riportato integralmente nel
volume sulla “vocazione adulta” (pagg.64-69). Qui è sufficiente questo
generico richiamo al fine di ricordare che per chi ha conosciuto Don
Giacomo quel che egli dice di La Rovere si attaglia perfettamente alla sua
vita interiore e al suo ampio apostolato. D’altro canto è proprio don Giacomo
che, fra le molteplici ragioni che egli motiva per dire che P. La Rovere non è
morto ma vive, afferma: “Vive in modo particolare nei suoi figli spirituali: i
suoi sacerdoti. Ad essi ha saputo dare un metodo, un’impronta tutta
particolare”. D’altro canto le sorelle di P. Salvatore La Rovere, scrivono a
don Giacomo per il giorno dell’ordinazione una bella lettera, significando
come Giacomino fosse nel cuore di Salvatore di cui, per affinità profonda, è
stato figlio spirituale “in modo particolarissimo”.
Primo decennio di servizio all’AC
I sacerdoti, figli spirituali di P. La Rovere, sono stati una ricchezza per la
Chiesa di Napoli: Non solo la GIAC ma dal 1970 per l’Associazione
comprensiva degli antichi quattro rami, dei movimenti e delle varie opere.
Don Giacomo Nardi che da laico aveva amato e servito l’Azione Cattolica,
che entrato in Seminario aveva detto ai suoi giovani “arrivederci”, ordinato
sacerdote ritorna fra loro come vice-assistente diocesano e qualche anno
dopo come Assistente diocesano. Sono i primi dieci anni di presbiterato in
cui per un verso la Gioventù Cattolica di Napoli beneficia di un’ottima opera
di formazione spirituale morale e culturale e per altro verso l’Assistente ha
comprovata consapevolezza che la sua opera è essenziale per un’associazione
che è di laici ma che non è senza Assistenti. Don Giacomo promuove la
comunione associativa in un periodo certamente non facile né sereno per la
vita di una quasi centenaria Associazione. Come è noto gli anni ‘50 sono
segnati da diversificate visioni dell’essere e dell’agire associativo e portano a
non pochi dissensi ed abbandoni. L’opera dell’Assistente diventa assai
impegnativa e più assidua e profonda e don Giacomo l’assolve nel migliore
dei modi suscitando in tutti un di più di amore a Cristo e alla Chiesa e
compiendo missione di unità. A guidare la Chiesa di Napoli nel 1952 al
Cardinale Ascalesi succede il Cardinale Mimmi che, nel 1956, nomina Don
Nardi Parroco della Chiesa di S. Maria della Pazienza alla Cesarea,
parrocchia di gloriose tradizioni, situata in una zona centrale di Napoli. La
permanenza di don Giacomo in quella Parrocchia dura ben 25 anni. È “un
pastore illuminato e accorto, amorevole ed esigente al tempo stesso,
costantemente proteso alla costruzione di una vera comunità parrocchiale”
(card. Ursi pag. 47 del 2° volume). Promuove, segue con attenzione, assiste
spiritualmente uomini e donne dell’Azione Cattolica parrocchiale. I gruppi
sono sempre molto frequentati anche da giovani. Molti responsabili della
Parrocchia della Cesarea vengono chiamati ad offrire il loro contributo
associativo al Centro diocesano. Don Nardi lascia la parrocchia nel 1982
dopo essere stato un Pastore sempre accogliente e disponibile con tutti,
persone e movimenti, ma con la sua particolare predilezione per l’Azione
Cattolica non solo perché associazione che l’ha formato ma anche perché il
Concilio ne aveva intanto richiamato l’importanza e definita come costitutiva
della vita ecclesiale. Durante il periodo parrocchiale di don Giacomo al Card.
Mimmi succede il Card. Castaldo e poi, nel 1966, il Card. Corrado Ursi che
nel 1980 affida a don Nardi nuovamente l’incarico di Assistente diocesano
dell’AC e dal 17 maggio del 1982 quello di Vicario Episcopale della seconda
zona pastorale assai ampia perché comprende i quartieri cittadini di Vomero,
Arenella e Posillipo assai popolosi nonché l’isola di Procida. Le condizioni
di salute di don Giacomo gli avrebbero imposto di non accettare incarichi
gravosi: da tempo i medici gli hanno detto di “non lavorare”. Le ragioni del
cuore gli suggerirebbero di restare in parrocchia, dove è amato da quasi tutti
e vuole bene a tutti. Ai suoi parrocchiani, nel salutarli nella festa dei Santi
Pietro e Paolo, spiega che anche per lui “è giunto il tempo di sciogliere le
vele per aderire al misterioso progetto di Dio”. Il Vescovo gli ha detto “vedo
chiaro, ora è certo”. E don Giacomo chiosa: “Io non posso più dubitare. Non
è pensabile che il Signore abbia guidato la Chiesa solo agli inizi, né la Chiesa
è costituita da una sola ‘pietra’: il Papa; certamente anche il Vescovo ha
l’aiuto dello Spirito Santo”. “Ho accettato, ho detto sì, ho ubbidito, perché
l’ubbidienza è una virtù ed è un obbligo per noi sacerdoti”. In questo saluto,
dopo 26 anni di cura parrocchiale, v’è la grande sensibilità umana e spirituale
di don Giacomo. Frutto dell’impegno comune, non solo del parroco, sono le
opere e i movimenti. Spetta a tutti continuarli. P. La Rovere diceva così:
“Bisogna amare le opere come se uno dovesse rimanerci sempre. Però
bisogna tenere sempre la valigia pronta per andarsene, perché le opere,
appunto, sono di Dio, non sono nostre”. Don Giacomo non lascia alcun
debito né per l’Istituto Fabozzi, costituito per la cura dei ragazzi più
bisognosi della zona, né per la Parrocchia; lascia, invece, la garanzia
economica che i parrocchiani gli hanno sempre benevolmente assicurata per
andare verso l’incertezza totale. Ma egli soggiunge: “Che senso ha farsi prete
per guadagnare ricchezze?”. E con altro così dice: “Non si può fare il parroco
mettendo le firme e lesinando il tempo della presenza fra la gente. La
parrocchia è un ricamo di amore, ricamo che s’intesse giorno per giorno,
minuto per minuto. Io non credo che si possano fare altre cose facendo il
parroco; bisogna stare 24 ore su 24 a vostra disposizione. Se vogliamo fare le
cose seriamente”. “In ubbidienza al Vescovo devo avere la cura spirituale
dell’Azione Cattolica in tutta la Diocesi. Quindi, oltre a sostenere la cura
spirituale dei responsabili laici diocesani, devo procurare momenti formativi,
esercizi, ritiri, ecc…, e devo stare vicino ai miei confratelli sacerdoti nelle
loro parrocchie”. L’altro compito, quello di Vicario zonale, Don Giacomo lo
conosce solo per sentito dire. Bisognerà forse “girare sempre, essere l’amico
fraterno dei preti, aiutarli, ascoltarli, risolvere quei problemi che si
presentano”.
Mi permetto qui di aprire una parentesi. Due sacerdoti mi hanno lasciato un
segno indelebile e una testimonianza chiara di amicizia veramente profonda e
fraterna nei riguardi dei propri confratelli: Mons. Scanzillo, da me conosciuto
quando era Assistente Regionale dell’AC, poi Vescovo Ausiliare di Napoli, e
don Giacomo Nardi. Non è un caso, e mi rendo testimone, che a Don
Giacomo sia stata affidata la cura particolare di sacerdoti in difficoltà
provenienti anche da altre diocesi.
Don Nardi, senza parrocchia, non sa ancora dove potrà celebrare Messa, ma
assicura che non mancherà di trovare un luogo per incontrare le persone,
“perché non vorrei spezzare quei rapporti di amicizia che ci sono stati con
tanti di voi”.
L’impegno diocesano negli anni ‘80 . Il ritorno al Padre
Negli anni ‘80 il suo impegno, nonostante le precarie condizioni di salute, è
senza sosta per l’Azione Cattolica e per la zona pastorale a lui affidata.
Avendolo ben conosciuto in quegli anni, gli ultimi sei della mia
responsabilità di Presidente Diocesano, potrei rendere una testimonianza
completa sulle grandi virtù e sul cammino di santità di questo sacerdote nella
vita della Chiesa di Napoli con il singolare e instancabile servizio all’Azione
Cattolica. L’ho già fatto, sia pure parzialmente, ricordandolo nel trigesimo
della morte e in una intervista successiva (atti pubblicati nel 1° volume).
Qualche cosa riprenderò nella parte finale di questo intervento. Per la natura
di questa mia relazione preferisco offrirvi alcune riflessioni e valutazioni su
don Nardi manifestate dai suoi diretti superiori: l’allora Arcivescovo di
Napoli, Card. Corrado Ursi, che dal 1966 al 1987 ha seguito la vicenda
sacerdotale di don Giacomo, e il Vescovo ausiliare Mons. Antonio
Ambrosanio che lo conosceva già dagli anni del Seminario.
Mons. Ambrosanio, nell’omelia della Messa del funerale nella Cattedrale di
Napoli, fra le altre espressioni di commento alle letture ha anche detto: “Non
occorre che io stia a dimostrare che queste parole che abbiano appena
ascoltato da Paolo e Luca sono vere per lui. Chi può dire che don Giacomo
sia vissuto per sé? Egli è stato veramente un grande dono di amore per la
Chiesa di Napoli”. Non gli pareva vero che venisse il giorno in cui lui
avrebbe potuto essere l’assistente dell’Azione Cattolica, di quella Azione
Cattolica in cui era stato giovane impegnato. Egli voleva essere il prete
dell’Azione Cattolica, il suo assistente, perché voleva darle tutto, e non una
parte soltanto della sua vita. In essa egli sapeva riconoscere e trovare
l’autenticità della Chiesa, la totalità della Chiesa. Per lui amare Dio e amare
la Chiesa con l’Azione Cattolica erano una sola cosa. E così fu per tutta la
sua vita, spesa quotidianamente, attimo per attimo, senza risparmio. “La sua
morte, quindi, è stata l’ultima offerta che egli ha fatto, l’ultimo atto di
donazione che ha compiuto nelle mani del Padre, per questa santa Chiesa e
per l’Azione Cattolica. Ne sono certo: si muore, infatti, per la medesima
causa, per il medesimo amore per cui si è vissuti. Come vorrei che nessuno
ignorasse questa donazione della sua vita! Come vorrei che soprattutto ogni
membro della nostra Azione Cattolica napoletana conoscesse fino in fondo
ciò che magari la discrezione e la riservatezza impedivano ieri di conoscere!
Che oggi non ci sia nessun ragazzo di ACR, nessun giovanissimo o giovane,
nessun adulto che non abbia conoscenza di una vita che si è consumata così,
per la Chiesa e per l’Azione Cattolica con la gioia di servire, la gioia di
formare laici maturi, impegnati, responsabili nella Chiesa e nella società!”.
“Raccogliamo, fratelli miei e sorelle care, in special modo noi sacerdoti, il
luminoso messaggio sacerdotale che don Giacomo ci ha lasciato”.
Il Cardinale Ursi, prima di benedire la salma di don Giacomo, ha anzitutto
voluto aprire il suo cuore all’Assemblea affermando quel che ora sintetizzo:
“Vi prego di credermi, non mentisco. Mi è capitato un fatto, una cosa mai
avvenuta finora. (Alla notizia della morte di Don Giacomo, né subito, né
nella veglia notturna ) lo ripeto. Non sentivo di recitare il requiem.
Mormoravo soltanto Alleluia e provavo una vivissima sensazione di gioia. È
un presentimento del suo essere in Dio, già glorificato dopo il martirio che ha
subito nel lungo decorso della malattia, sofferta a più riprese e fino alla
fine?”. Altre espressioni di ammirazione, verso questo sacerdote vissuto per
la Chiesa di Napoli, l’Arcivescovo ha voluto pronunziare: “Don Giacomo
prima di esalare l’ultimo respiro, ha manifestato la sua comunione con
l’Arcivescovo, col Presbiterio e con tutto il popolo di Dio”. Don Giacomo è
l’uomo che può chiamarsi il servo fedele della Chiesa, l’uomo della
comunione! Non posso non cogliere come testamento un evento tanto
significativo e provvidenziale. “Don Giacomo ha spremuto la sua vita fino
all’ultima goccia, dandosi al suo apostolato senza riserve e senza soste. È
difficile oggi che gli uomini in genere, le persone consacrate in particolare,
realizzino ‘il pieno’ dell’amore verso Dio e verso i fratelli, nell’impegno
dell’evangelizzazione. Vorrei che anch’io, e con me tutti i miei fratelli,
venissimo spremuti fino all’ultima goccia nel torchio del lavoro apostolico,
in pienezza di fede, di amore, di grazia e di testimonianza come lui. Come
vedete, la morte di don Giacomo, nel piano di Dio, ha espresso tre cose
decisive: una comunione perfetta di vita ecclesiale, una dedizione da martire
all’evangelizzazione e una gioia inesprimibile nello Spirito”.
Negli ultimi mesi del suo mandato episcopale a Napoli il Card. Ursi volle
celebrare lui la Messa per il trigesimo della morte di don Giacomo. Per
questo l’AC di Napoli e molti altri fedeli che l’avevano conosciuto
riempirono la cattedrale e l’Arcivescovo dichiarò che non intendeva tessere
alcun panegirico. Ha così fatto brevi commenti su questi suoi profondi
convincimenti: don Giacomo ha fatto della sua vita un dono, un dono
sacrificale; si è dato con pieno responsabile impegno per la sua Parrocchia
della Cesarea, facendo germogliare iniziative pastorali e varie a getto
continuo, opere di carità, e promuovendo per i ragazzi l’Opera Fabozzi; ha
assolto con generoso impegno alla responsabilità del governo diocesano
come vicario episcopale. “Ma il settore in cui ha maggiormente svolto il suo
apostolato è stato quello dell’Azione Cattolica, a cui ha dato un vivace
impulso” nella dimensione della “scelta religiosa” ed “è stato un antesignano
del nuovo corso dell’Azione Cattolica, avviato dal Concilio. Egli ha fatto
risorgere l’Associazione napoletana e l’ha posta su basi solide e dinamiche,
ha ottenuto l’adesione dell’AC nella massima parte delle Parrocchie
dell’Arcidiocesi […] Fratelli e sorelle dell’Azione Cattolica ora voi dovete
rendervi degni di questo grande apostolo, che rifulge nel firmamento della
Chiesa napoletana […] La sua voce non si spegnerà”.
Sul punto “amore al Signore Gesù, piena dedizione alla Chiesa, servizio
incommensurabile all’Azione Cattolica”, mi pare che si possa non
aggiungere altro. In estrema sintesi, non posso omettere due note di questo
esemplare sacerdote, luminoso punto di riferimento anche umano per il
laicato: la povertà e l’umanità. Ha testimoniato il Card. Ursi che don
Giacomo rifiutò una onorificenza pontificia perché egli, accogliendo dopo la
laurea in legge il dono del sacerdozio, si era impegnato con piena
consapevolezza a non accettare onorificenze e distinzioni né da parte dello
Stato né da parte della Chiesa. Visse davvero nello spirito di povertà
cristiana, sia nel vestito che nel vitto. Non concepiva svaghi, gite e vacanze,
o alcunché di voluttuario. Canto del cigno fu per lui la Fondazione che
denominò Megaris con i beni di famiglia per opere di religione, di carità e di
apostolato, in particolare per l’AC napoletana.
La sua umanità. “Egli ha curato le persone non in una maniera anonima o,
come si dice, correntista. Egli ha saputo avvicinare le persone, ha saputo
educare ciascuno singolarmente”. Seguiva i suoi giovani anche durante il
servizio militare con una continua corrispondenza e con ogni aiuto spirituale
possibile (Mons. Ambrosanio in occasione dei funerali). Nel commemorare
don Giacomo, nella citata celebrazione del 12 maggio 1987, ho ritenuto di
dover cominciare dalla sua grande umanità. Così ho detto allora e così, con
maggiore convinzione, ripeto oggi. Anche la sera prima della sua morte, nel
breve colloquio, la sua prima domanda, come sempre: la mia salute e la mia
famiglia. Anche quella sera volle sapere di ciascuno. La cordialità
dell’accoglienza era sempre accompagnata da una partecipazione sentita
all’esistenza e all’esperienza di chi lo avvicinava; una partecipazione
discreta, ma sempre piena. Ogni incontro con lui, anche se brevissimo,
aveva, per la freschezza delle espressioni, la connotazione del primo incontro
e della prima conoscenza. Una cordialità sempre nuova, ma, dopo, sentivi di
allontanarti umanamente più ricco, più te stesso, più uomo perché più capace
di condivisione nella gioia e nella sofferenza. L’espandersi di questa sua
piena umanità era tale che nel parlare con lui – a volte per ore – sperimentavi
una capacità di ascolto e di dialogo che era condivisione e partecipazione.
Questo accadeva a tutti. Ognuno diventava veramente importante nella sua
vita: non v’erano più né vicini né lontani, né amici né avversari, né buoni né
cattivi. Ciascuno e tutti erano degni di attenzione e di interessamento: una
meravigliosa umanità, certamente espressiva del profondo germe dell’amore
di Dio, che per don Giacomo trovava piena forma e consistenza nell’amore
per l’uomo. Quanta gente, quanti amici potrebbero testimoniare di questa
mirabile sintesi, di questo connubio che, in fondo, rispecchia la novità del
comandamento cristiano ed è segno di una sequela diventata esperienza
quotidiana. Amare Dio e annunciarne l’amore è sentire e vivere l’amore per
ciascun fratello e per tutti i fratelli: Don Giacomo ha vissuto questo nucleo
fondamentale della novità cristiana, questa non separazione fra Dio e l’uomo,
fra il sacro e il profano, fra la dimensione escatologica e la dimensione
temporale. L’Azione Cattolica Italiana ha anche per questo profonde ragioni
e validi motivi per ricordare don Giacomo Nardi come un sacerdote
esemplare, un Assistente santo.

RAFFAELE CANANZI, Presidente del Consiglio scientifico dell’Isacem

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Papa Francesco ai membri del Consiglio nazionale dell’AC Italiana, 30 aprile 2021

La storia della vostra Associazione
è fatta di tanti “santi della porta accanto” – tanti! –,
ed è una storia che deve continuare:
la santità è eredità da custodire e vocazione da accogliere.