Mons. Franco Peradotto è nato a Cuorgnè il 15 gennaio 1928. Compì l’itinerario di
formazione nei Seminari diocesani a Giaveno, Chieri, Torino e Rivoli. Ordinato prete il 29 giugno 1951 fu per un anno al Convitto ecclesiastico della Consolata, poi assistente per un biennio al Seminario di Rivoli. Nel 1954 venne nominato viceparroco alla Collegiata di S. Maria della Scala di Moncalieri, e nel 1956 a Maria Speranza Nostra in Torino. Qui, in Barriera di Milano, entrò in contatto con la realtà dell’immigrazione operaia e le problematiche sociali della città, formandosi quella sensibilità che accompagnò poi tutta la sua vita sacerdotale e professionale.
In quegli anni si avvicina anche ai temi della cultura e del giornalismo con un incarico di consulenza per i testi teatrali dello Stabile di Torino. Inizia poi, negli anni ’60, a lavorare regolarmente per il quotidiano cattolico «L’Italia», a Torino e a Milano: i suoi primi direttori furono Giuseppe Lazzati e Carlo Chiavazza. Segue per intero, scrivendone soprattutto su «il nostro tempo», i lavori del Concilio Vaticano II. Negli anni successivi verrà spesso chiamato, in diocesi di Torino e in tutta Italia, a far conoscere e commentare quegli insegnamenti; il suo servizio di prete è segnato per sempre dall’adesione consapevole e convinta ai contenuti e allo stile del Concilio. Uno stile che in don Franco diventa dialogo sincero e rispettoso con tutti gli uomini di buona volontà, ma anche ferma fedeltà alla Chiesa, madre e maestra, esperta di umanità, testimone dell’autentica speranza del Cristo risorto.
Diventa direttore de «La voce del popolo» succedendo al suo maestro professionale e spirituale, mons. Jose Cottino. Con lui il giornale interpreta i disagi di una città cresciuta troppo in fretta e in cui aumenta il rischio dell’emarginazione, in cui la politica stenta a interpretare e fare proprie le esigenze di giustizia e partecipazione che salgono dai cittadini. Sempre presente negli organismi consultivi diocesani cerca in ogni modo – talvolta anche a prezzo di pesanti sofferenze personali – di far maturare la comunione nel presbiterio e nella Chiesa locale.
Fu tra i fondatori e il primo presidente della Fisc, federazione italiana dei settimanali cattolici e tra i fondatori e animatori del Cop, il Centro nazionale di orientamento pastorale. Don Franco è stato vicino fin dall’inizio all’esperienza del gruppo Abele e delle aggregazioni laicali che fioriscono negli anni successivi al Concilio. Ha seguito anche le attività dell’Azione Cattolica e delle Equipes Notre Dame: ma è impossibile ricordare tutte le associazioni che ha servito, i preti, le famiglie e i giovani che ha incontrato. Nel 1970 il cardinale Pellegrino lo nomina vicario episcopale per il laicato e la famiglia; nel 1979, con il cardinale Ballestrero, diventa vicario generale, mantenendo la direzione del giornale fino al 1996. Anche con il cardinale Saldarini sarà vicario generale fino al 1991 e poi provicario, protonotario apostolico, rettore del santuario della Consolata. Terminò la collaborazione diretta come vicario nell’anno 2000.
Per un ventennio don Franco è stato tra le figure più rappresentative e conosciute anche all’esterno della Chiesa torinese. La città giustamente lo ha onorato nominandolo nel 2003 «Torinese dell’anno» e conferendogli nel 2006 la cittadinanza onoraria. Negli ambienti più vari è stata apprezzata la sua carica umana, la cordialità dei rapporti, la capacità di superare steccati ideologici per rivolgersi al cuore delle persone. Per la sua diocesi, e per la Chiesa, si è speso senza risparmio, con un entusiasmo e una serenità d’animo che non sono di tutti. La malattia, cresciuta progressivamente, rende perciò ancora più significativi e preziosi questi ultimi suoi anni, trascorsi nel silenzio, nella sofferenza e nella fedeltà alla preghiera. E però anche al Cottolengo non è mai stato solo. Vicino a lui c’è la famiglia – il fratello Cesare, la cognata Lidia, i nipoti e pronipoti – e i tantissimi amici, molti dei quali presenti qui oggi per affidarlo al Signore e per testimoniare, ancora una volta, il nostro affetto e il nostro rimpianto.
Marco Bonatti
Nel sito del diocesi di Torino