Fondazione Azione Cattolica Scuola di Santità
CATHOLIC ACTION SCHOOL OF SANCTITY FOUNDATION
FUNDACIÓN ACCIÓN CATÓLICA ESCUELA DE SANTIDAD
Pio XI
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Pio XI

NOTE BIOGRAFICHE E ITER DELLA CAUSA

Annalena Tonelli

2 aprile 1943, Forlì - 5 ottobre 2003, Borama (Somalia)

Annalena Tonelli è una nuova martire della carità cristiana, che ha già visto in questi ultimi decenni, centinaia di vittime, che a vari motivi, religiosi, politici, guerriglia, ignoranza, miseria, odio razziale, hanno perso la loro vita nel fare del bene e nel portare sollievo alle sofferenze e privazioni, di tanta gente.

Vittime anzi martiri di questo becero massacro, in quest’epoca magnifica sotto tanti aspetti, ma anche oltremodo sanguinaria, sono stati tanti missionari appartenenti agli Ordini e Congregazioni religiose, sia maschili che femminili, vescovi e sacerdoti diocesani, sia missionari che del clero locale, laici cooperatori delle stesse Congregazioni, ma anche appartenenti ad Organizzazioni Internazionali come la Croce Rossa o l’ONU, oppure ad Organizzazioni umanitarie e di volontariato.

Non si può qui citare i singoli nomi, che sono tanti, ma le Storie locali e nazionali, hanno impresso nella loro memoria questi nomi, dei quali per alcuni, appartenenti al cattolicesimo, la Chiesa con i suoi santi e beati, si appresta prima o poi ad indicarli con il bagaglio delle loro virtù eroiche, di apostolato e di abnegazione verso i bisognosi, alla venerazione ufficiale dei propri fedeli e del mondo intero.

E in quest’ottica si inserisce la vicenda umana, eroica, silenziosa di Annalena Tonelli, che nell’anno e nel mese della canonizzazione di san Daniele Comboni, vescovo missionario e fondatore dei ‘Missionari e Missionarie Comboniani’ e della beatificazione di madre Teresa di Calcutta, notissima fondatrice delle ‘Missionarie della Carità’, perdeva, anzi donava la sua vita il 5 ottobre 2003 a Borama nel Nord della Somalia, colpita alla nuca da un colpo di arma da fuoco.

Annalena Tonelli nacque a Forlì il 2 aprile 1943 e fin da ragazzina si era sentita chiamata a donarsi per gli altri, crebbe, studiò e si formò in questa vocazione tutta speciale e per tanti versi unica, perché Annalena non ebbe padri spirituali che la guidassero, né appartenne ad organizzazioni religiose; per tutta la vita coltivò con attenzione quello che sentiva dentro di sé, anche prima di partire per l’Africa.

La sua meravigliosa vocazione di laica impegnata per gli altri, si compendia in quello che lei disse nel dicembre 2001 nella Sala Nervi, oggi Sala Paolo VI in Vaticano, durante un convegno al quale era stata invitata a partecipare: “Scelsi che ero una bambina di essere per gli altri, i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati, e così sono stata e confido di continuare fino alla fine della mia vita; volevo seguire solo Gesù Cristo, null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri per Lui”.

Parole semplici e nello stesso tempo intrise della passione di una vera mistica. Annalena si era laureata in Legge a Bologna, prendendo poi vari diplomi a Londra e in Spagna per la cura delle malattie tropicali e della lebbra; non era medico, ma visse lavorando per i malati; mise a punto una profilassi per la tubercolosi, utilizzata oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in tutto il mondo.

Si formò nell’Azione Cattolica forlivese, nella parrocchia, e poi come Presidente locale della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), organizzando convegni, incontri, grande trascinatrice portò le amiche al brefotrofio, trasformandole in mamme di tanti bambini.

Nel 1963 contribuì in modo determinante a far nascere a Forlì un Comitato contro la fame nel mondo, oggi diretto da Vanni Sansovini e che sostiene un centinaio di missioni. A gennaio 1969 lasciò l’Italia e raggiunse il Kenia a Wagir, vicino al confine con la Somalia, dedicandosi ai nomadi del deserto, che lei apprezzava per la loro fede solida come la sua; aiutò in mille modi i profughi della Somalia, salvando la vita a migliaia di loro, denunciando i militari kenioti perché volevano annientare un’intera tribù.

Da sola imparò a convivere con il rischio quotidiano, era continuamente minacciata, perché bianca, donna, cristiana e non sposata; questa donna intrepida nello spirito, quanto gracile nel fisico, nel giugno di quest’anno rilasciò un’intervista in cui dichiarava: “Non ho paura, e anche questa è una cosa che non mi sono data. Sono stata in pericolo di vita, mi hanno sparato, picchiata, sono stata imprigionata, ma non ho mai avuto paura”.

Per la sua opera a favore dei rifugiati e perseguitati, ebbe dall’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati, il premio “Nansen Refugee Award”; ma fu pure espulsa dal Kenia e si trasferì in Somalia, prima a Merka e poi nel 1996 a Borama, dove fondò un ospedale con 250 letti, per i tubercolotici e gli ammalati di AIDS e poi una scuola per bambini sordi e disabili.

Era convinta che con l’istruzione potesse evolversi la situazione economica e sociale, di quella che ormai considerava la sua gente; combatté l’ignoranza e la barbarie dell’infibulazione così diffusa.

Dall’Italia e da altre parti di Europa arrivavano volontari per aiutarla, c’è chi rimaneva e c’era chi trascorreva un determinato periodo, come le ferie estive; veniva sostenuta dal Comitato da lei fondato a Forlì, ma anche da altre Organizzazioni Internazionali.

Donna di poche parole, era impegnata più a fare che a parlare, tanto meno di sé stessa; molto nota in Africa e all’estero, in Italia invece era poco conosciuta, la sua morte è stata una sorpresa che ha fatto scoprire quanto si prodigasse per gli altri e il beneficio silenzioso della sua opera.

Quando parlava dei suoi somali e della difficoltà di essere cristiana, fra popolazioni di fede diversa spesso intollerante, diceva riassumendo: “Loro non lo sanno” e sorridendo un giorno raccontò a Forlì: “Siccome mi vogliono bene, hanno sperato che diventassi musulmana. Ma da quando un vecchio capo ha decretato che andrò in Paradiso, anche se sono un’infedele, tutti accettano che io resti l’unica cristiana del luogo”.

Se in Italia era poco conosciuta, ripetendo una frase di Franca Zambonini su ‘Famiglia Cristiana’, “le somale emigrate in Italia, i nomadi del Kenia, i tubercolotici di Manyatta, i malati di Aids di Borama e i rifugiati del Nord Somalia, cioè loro gli sconsolati della Terra, conoscevano bene Annalena Tonelli”; che una mano assassina e forse piena di odio per il bene che faceva, ha stroncato a 60 anni, dei quali 33 trascorsi in Africa e particolarmente in Somalia dove è stata sepolta, come desiderava.

da santiebeati.it